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Credito IVA detraibile anche se non riportato nella dichiarazione successiva Le operazioni passive da cui il credito è sorto devono essere registrate o risultare dalle liquidazioni periodiche effettuate


Credito IVA detraibile anche se non riportato nella dichiarazione successiva

Le operazioni passive da cui il credito è sorto devono essere registrate o risultare dalle liquidazioni periodiche effettuate


Il credito IVA non indicato nella dichiarazione dell’anno successivo, ma in quello che segue, può essere detratto, ovvero chiesto a rimborso. È il principio sostenuto dalla C.T. Prov. di Frosinone con la sentenza n. 222 del 13 dicembre 2010, che ha accolto il ricorso proposto dal contribuente contro la cartella di pagamento emessa a seguito del controllo automatizzato, ex art. 54-bis del DPR n. 633/72, della dichiarazione relativa all’anno 2006.
Nel caso esaminato, l’Ufficio ha contestato l’omesso versamento IVA derivante dal mancato riconoscimento dell’eccedenza d’imposta maturata nel 2004, utilizzata in compensazione nel 2006 dopo che era stata riportata “a nuovo” dapprima nel 2005 e poi, per la parte residua, corrispondente al credito IVA non detratto né compensato, nell’anno oggetto della pretesa erariale (2006). Dai fatti in causa si evince che, per le annualità 2004 e 2005, le dichiarazioni presentate erano
errate, per cui le stesse sono state rettificate, a favore dell’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del termine quadriennale previsto dal combinato disposto dell’art. 2, comma 8 del DPR n. 322/98 e dell’art. 57, comma 1 del DPR n. 633/72. Inoltre, nella dichiarazione relativa al 2004 è stata espressa la volontà di rinviare il credito maturato all’anno successivo, mentre nella dichiarazione relativa al 2005 è stata omessa l’indicazione del trasferimento dell’eccedenza detraibile residua al 2006, senza presentare, successivamente, una dichiarazione rettificativa a proprio favore, ex art. 2, comma 8-bis del DPR n. 322/98.
La sentenza dà ragione al contribuente, posto che – in base al consolidato orientamento della Cassazione – il credito IVA, se correttamente maturato ed indicato nella prima dichiarazione utile, non viene perduto. In altri termini, “ove il contribuente fruisca di un credito d’imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, se omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo non perde il diritto alla detrazione” (Cass. n. 12012/2006). Tale principio, avallato dall’Amministrazione finanziaria, è stato dalla stessa esteso all’ipotesi in cui la dichiarazione dell’annualità successiva risulti omessa (cfr. risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 74/2007). D’altra parte, in tema di accertamento induttivo conseguente all’omessa presentazione della dichiarazione IVA, la Suprema Corte, in aderenza all’art. 55, comma 1 del DPR n. 633/72, ha stabilito che dall’imposta dovuta vanno scomputati non solo i versamenti effettuati, ma anche il credito maturato nell’anno precedente che sia stato portato in detrazione nell’anno successivo, previa annotazione nel registro degli acquisti (Cass. n. 8602/96).
In definitiva, il credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale può essere detratto/rimborsato anche se non indicato nella dichiarazione in cui è stato riportato “a nuovo” (compresa l’ipotesi in cui la dichiarazione stessa risulti omessa), purché le operazioni passive da cui esso è scaturito siano state registrate o risultino dalle liquidazione periodiche effettuate e non sia decorso il termine biennale di decadenza previsto, per l’esercizio della detrazione, dall’art. 19, comma 1, ultimo periodo del DPR n. 633/72 (si veda la sentenza della Cassazione n. 7472 del 31 marzo 2011). La ratio su cui si fonda la giurisprudenza richiamata va ritrovata nel riconoscimento del rimborso quale espressione del diritto di detrazione, cioè, di un principio posto alla base della neutralità dell’imposta: sicché negare o rendere eccessivamente difficile la procedura di recupero dell’IVA attraverso il rimborso equivale, in definitiva, a negare il diritto stesso della detrazione.
Questa conclusione è avvalorata dalla recente giurisprudenza comunitaria (causa C-107/10, Enel Maritsa Iztok 3), secondo cui le modalità stabilite dal singolo Stato membro per il riporto dell’eccedenza detraibile ad un periodo successivo o per il suo rimborso devono rispettare il principio di neutralità fiscale. Il soggetto passivo, infatti, deve essere in grado di recuperare, in condizioni adeguate, cioè, nel rispetto del principio di effettività, l’intero credito IVA, fermo restando l’obbligo degli Stati membri di verificare le dichiarazioni, i documenti e le scritture contabili, oltre a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta.
Da ultimo, merita richiamo la ris. n. 74/2007, secondo cui, una volta scaduto il termine entro cui poter esercitare il diritto alla detrazione (ossia con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto), è possibile recuperare il credito IVA solo attraverso il procedimento di rimborso di cui all’art. 21 del DLgs. n. 546/92. Dunque, se la dichiarazione è stata omessa e, quindi, il credito non è stato detratto, il dies a quo per la presentazione della relativa istanza – che la richiamata norma identifica con il “pagamento” dell’imposta – non è la data di versamento dell’imposta al fornitore ma quella (successiva) in cui il contribuente ha definitivamente scelto di non recuperare il credito spettante: si tratta, per l’appunto, del termine di presentazione della dichiarazione del secondo anno successivo a quello che ha dato origine alla detrazione.
Fonte Eutekne

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