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Cancellazione delle societa' di capitali e responsabilita' di soci e liquidatori

Si riporta qui di seguito un articolo di Valerio Sangiovanni reperibile a questo link:

http://www.academia.edu/1111873/Cancellazione_delle_societa_di_capitali_e_responsabilita_di_soci_e_liquidatori

La cancellazione delle società dal registrodelle imprese

In questo articolo ci occuperemo dei problemi di re-sponsabilità civile connessi con la cancellazionedelle società di capitali dal registro delle imprese. Intale ambito si possono porre problemi di responsabi-lità sia dei soci sia dei liquidatori.L’art. 2495 c.c. disciplina la cancellazione delle so-cietà di capitali(1)dal registro delle imprese e la lo-ro estinzione, prevedendo in particolare che,«ap-provato il bilancio finale di liquidazione, i liquidato-ri devono chiedere la cancellazione della società dalregistro delle imprese» (art. 2495, comma 1, c.c.).L’iscrizione della società nel registro delle impreseha efficacia costitutiva: con l’iscrizione nel registrola società acquista la personalità giuridica (art.2331,comma 1,c.c.). Di converso la cancellazionedella società dal registro delle imprese segna la suaestinzione(2). Ciò avviene all’esito del procedi-mento di liquidazione. Il momento in cui può dirsicessato tale procedimento è l’approvazione del bi-lancio finale di liquidazione. Fino all’approvazionedel bilancio finale non sarà possibile procedere allacancellazione della società dal registro delle imprese(salvo per il caso particolare dell’art. 2490, comma6, c.c.: mancato deposito del bilancio per oltre treanni consecutivi). Il bilancio finale di liquidazionepresuppone però la liquidazione: la legge si esprimenel senso che, compiuta la liquidazione , i liquidatoridevono redigere il bilancio finale, indicando la par-te spettante a ciascun socio o azione nella divisionedell’attivo (art. 2492, comma 1, c.c.).I liquidatori possono rendersi responsabili in con-nessione con gli adempimenti richiesti dall’art.2495, comma 1, c.c., sia nel senso di omettere tantoin quello di ritardare eccessivamente la richiesta dicancellazione

È bene chiarire che la presentazione della domandadi cancellazione della società dal registro delle im-prese costituisce un dovere dei liquidatori (i liquida-tori «devono», recita la legge). Da un lato l’omissio-ne da parte dei liquidatori della richiesta di cancel-lazione della società dal registro delle imprese puòcomportare l’applicazione di una sanzione ammini-strativa ai sensi dell’art. 2630,comma 1,c.c.(3); matale omissione può rilevare anche dal punto di vistadella responsabilità civile.Più probabile nella prassi è (non tanto che i liquida-tori omettano “definitivamente”, quanto piuttosto)che i liquidatori ritardino nel chiedere la cancella-zione della società dal registro delle imprese. Il veri-ficarsi di questa circostanza è facilitata dal fatto chel’art. 2495, comma 1, c.c. è vago, non fissandoespressamente la durata del termine entro il quale iliquidatori devono chiedere la cancellazione. L’as-senza di specifiche previsioni normative non signifi-ca peraltro che non sia possibile ricostruire in via in-terpretativa il lasso di tempo entro cui i liquidatoridevono chiedere la cancellazione: la norma va inter-pretata nel senso che bisognaprocedere entro untermine ragionevole. Per «termine ragionevole»siintende quello che serve per preparare, con la dovu-ta diligenza, la domanda di cancellazione della so-cietà(4). Trattandosi di un adempimento formale,tale termine non può essere particolarmente lungo.In assenza di qualsiasi riferimento numerico nel te-sto della legge, potrebbe ad esempio ritenersi appro-priato un termine di 20 giorni, dal momento chequesto è il termine previsto dalla legge per procede-re al deposito dell’atto costitutivo presso l’ufficio delregistro delle imprese (art. 2330,comma 1,c.c.). Larichiesta di cancellazione costituisce un adempi-mento simile, avuto solo riguardo al diverso mo-mento terminale della vita della società. Si può per-tanto affermare che il liquidatore che, approvato ilbilancio finale di liquidazione, non chieda entro untermine ragionevole la cancellazione della società sirende civilmente responsabile per violazione deisuoi doveri. Nel caso in cui i liquidatori omettano di chiedere lacancellazione della società dal registro delle impreseentro un termine ragionevole, è lecito assumere chevi possano procedere altre persone. A favore dellapossibilità che soggetti diversi dai liquidatori chie-dano la cancellazione della società dal registro mili-ta la considerazione di fondo che il legislatore pre-vede casi di cancellazione d’ufficio: il riferimento èall’art. 2490,comma 6,c.c., secondo cui qualora peroltre tre anni consecutivi- durante la procedura diliquidazione- non venga depositato il bilancio dellasocietà la società è cancellata d’ufficio dal registrodelle imprese con gli effetti previsti dall’art. 2495c.c. Da questa disposizione emerge un interesse del-l’ordinamento alla cancellazione delle società chenon sono più attive.Se ne può probabilmente rica-vare la regola che anche soggetti diversi dai liquida-tori sono legittimati, in caso di inerzia di questi ulti-mi, a chiedere la cancellazione della società.Fra isoggetti che possono attivarsi al posto dei liquidato-ri vanno menzionati,anzitutto,i soci. Questi sonoportatori attivi dell’interesse a una definizione ditutti i rapporti che li riguardano, una volta che ilprocedimento di liquidazione è terminato. Inoltre sideve ritenere che anche i sindaci, nel caso in cui siapresente il collegio sindacale, possano chiedere lacancellazione della società dal registro delle impreseal posto dei liquidatori inerti. Mi pare tuttavia cheper soci e sindaci- diversamente che per i liquidato-ri- non si possa configurare un obbligo di chiedere lacancellazione, ma una mera facoltà. Non sembradunque potersi invocare una possibile responsabilitàdi soci e sindaci che omettano, sostituendosi ai li-quidatori, di chiedere la cancellazione.Con riferimento alle modalità d’iscrizione della can-cellazione della società nel registro delle imprese,l’ufficio del registro delle imprese- preso atto delladomanda presentata dai liquidatori (ai sensi dell’art.2189, comma 1, c.c. le iscrizioni nel registro sonoeseguite su domanda sottoscritta dall’interessato)-provvede a dichiarare la cancellazione.Prima di procedere all’iscrizione, l’ufficio del registrodeve accertare l’autenticità della sottoscrizione e ilconcorso delle condizioni richieste dalla legge perl’iscrizione (art. 2189, comma 2, c.c.). Mentre ilcontrollo sull’autenticità della sottoscrizione del li-quidatore non presenta problemi particolari, il di-scorso è diverso per quanto riguarda l’accertamentodelle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizionedella cancellazione della società dal registro delleimprese. Tali condizioni sono essenzialmente le se-guenti: 1) l’approvazione del bilancio finale di liqui-dazione (art. 2495, comma 1, c.c.), il quale però- asua volta- presuppone 2) il compimento della liqui-dazione (art. 2492, comma 1, c.c.). In assenza di queste condizioni, l’ufficio del registro non può pro-cedere all’iscrizione della cancellazione.Se l’ufficio del registro procede all’iscrizione dellacancellazione della società in assenza dei presuppo-sti di legge che la legittimano, tale iscrizione è erro-nea. Se l’iscrizione viene effettuata erroneamente,essa deve essere cancellata: più precisamente la leg-ge prevede che, se un’iscrizione è avvenuta senzache esistano le condizioni richieste dalla legge, ilgiudice del registro- sentito l’interessato- ne ordinacon decreto la cancellazione (art. 2191 c.c.)(5). Lacancellazione della cancellazione avviene «d’uffi-cio», come indica la rubrica dell’art. 2191 c.c. Biso-gna però che qualcuno solleciti il giudice del regi-stro: l’iniziativa può partire da qualsiasi soggetto in-teressato (dal liquidatore medesimo, dai soci, daisindaci- ove presenti- o dai creditori sociali). Qua-le conseguenza della cancellazione della cancellazio-ne la società viene re-iscritta nel registro delle im-prese (e torna a vivere per il tempo necessario a li-quidare i beni che non erano stati liquidati). Il pro-blema della errata cancellazione della società dal re-gistro delle imprese assume difatti rilievo nel caso diattività non liquidate, come andiamo a esaminarenel paragrafo che segue.

Il complesso problema delle attivitànon liquidate prima della cancellazione

Abbiamo visto che presupposto per la cancellazionedella società dal registro delle imprese è il correttosvolgimento, fino al suo termine, del procedimentodi liquidazione. La legge dice che la cancellazionedella società dal registro delle imprese viene chiestadai liquidatori una volta «approvato il bilancio fina-le di liquidazione» (art. 2495, comma 1, c.c.). E il bi-lancio finale di liquidazione viene redatto una volta«compiuta la liquidazione» (art. 2492, comma 1,c.c.). Se non è avvenuta la liquidazione completadel patrimonio sociale, non ricorrono i presuppostidi legge. Ma cosa succede se non tutto il patrimoniodella società è stato liquidato e- ciò nonostante- siprocede alla cancellazione della società?I beni non liquidati costituiscono le c.d. “sopravvi-venze” attive, ossia beni che sono “sopravvissuti” al-la liquidazione. Essi risultano dal bilancio finale diliquidazione, ma non sono stati venduti e il ricavatonon è stato ripartito fra i soci. Si immagini, ad esem-pio, che la società sia proprietaria di un immobile(tipicamente i capannoni o gli uffici dove venivasvolta l’attività sociale) e che essa venga cancellatadal registro delle imprese prima che tale bene siavenduto(6).I beni “sopravvissuti” vanno tenuti distinti dalla“sopravvenienze” attive, che sono invece beni o cre-diti che emergono solo dopo l’avvenuta liquidazione(e che non risultano dal bilancio finale di liquida-zione)(7).Se vi sono delle attività conosciute e non liquidate(“sopravvivenze”), a rigore non si può dire che la li-quidazione sia stata compiuta regolarmente. In uncaso del genere esistono i presupposti per riaprire ilprocedimento di liquidazione(8).In termini di certezza del diritto, la riapertura delprocedimento di liquidazione va valutata negativa-mente, ma non si possono tacere alcuni suoi benefi-ci pratici.Da un lato, a seguito della cancellazione dell’iscri-zione della cancellazione, la società- per così dire-“rivive” e viene rappresentata da un unico soggetto (il liquidatore). Esistente (o ri-esistente) la società,la vendita dei beni residui risulta tendenzialmentepiù facile rispetto al caso in cui debbano considerar-si in comunione fra gli ex -soci. Estinta la società, ibeni non liquidati non hanno più il vecchio pro-prietario (la società). Il bene può pertanto conside-rarsi in comunione fra i soci (quali successori dellasocietà), anche se manca un atto traslativo espressodella proprietà. Considerando il bene non liquidatoin comunione fra i soci, questi (in assenza di un rap-presentante unico quale era prima il liquidatore) de-vono decidere congiuntamente sulla sua destinazio-ne e ciò tende a complicare la cessione. I soci posso-no essere numerosi e in difficoltà a gestire, senzal’intermediazione di un amministratore o liquidato-re, la liquidazione dei beni residui. Da un altro latol’estinzione della società, che fa seguito alla sua can-cellazione dal registro delle imprese, indebolisce laposizione dei creditori sociali, che si trovano ora aconcorrere con i creditori particolari del socio. Ciònon avviene invece finché la società esiste e i credi-tori sociali possono agire nei confronti della medesi-ma. La riapertura del procedimento di liquidazionegarantisce che il bene non liquidato venga destinatoesclusivamente alla soddisfazione dei creditori so-ciali.Sulla base di quanto esposto, in materia di efficaciadella cancellazione della società dal registro delleimprese pare dunque possibile distinguere fra le se-guenti fattispecie:1) nel caso di beni conosciuti ma non liquidati (“so-pravvivenze”), si deve ritenere che la liquidazionedella società non sia avvenuta in modo completo.Mancando un presupposto (il compimento della li-quidazione) per la cancellazione dal registro delleimprese, dovrebbe essere legittima la riapertura delprocedimento di liquidazione;2) nel caso di sopravvenienze passive per la società,l’estinzione della società rimane ferma (lo diceespressamente l’art. 2495, comma 2, c.c.);3) nel caso di sopravvenienze attive per la società, os-sia di crediti che erano del tutto sconosciuti al mo-mento della liquidazione della società, l’estinzionedella società rimane ferma.Contro questa tripartizione (e in particolare controla possibilità di riaprire la liquidazione in caso di at-tivo conosciuto ma non liquidato) appare peraltromilitare un elemento testuale, e segnatamentequanto stabilito dal già menzionato art. 2490, com-ma 6, c.c. Questa disposizione fa scattare la cancel-lazione d’ufficio dalla società dal registro delle im-prese qualora, per oltre tre anni consecutivi, nonvenga depositato il bilancio. La cancellazione pareessere automatica, opera cioè anche se non si è ri-partito interamente l’attivo. Il legislatore, imponen-do una cancellazione automatica, sembra accettareche una società possa essere cancellata anche quan-do tutte le posizioni attive che la riguardano non so-no state definite. La ragione di una scelta così dra-stica, evidentemente, è quella di assicurare certezzadel diritto. Ma se così è nel contesto della cancella-zione d’ufficio ex art. 2490, comma 6, c.c., si potreb-be sostenere la tesi che la cancellazione della socie-tà è irreversibile sempre, anche nel caso di cancella-zione volontaria ai sensi dell’art. 2495 c.c. (e nono-stante un attivo non totalmente ripartito)(9).Un cenno a parte va infine fatto ai crediti mera-mente potenziali. Mi riferisco al fatto che, talvolta,l’attivo ha- al momento della cancellazione dellasocietà dal registro delle imprese- natura solo po-tenziale. Si pensi alla possibilità che la società vantiun credito nei confronti di un terzo, credito che pe-rò- stante l’opposizione del terzo- può essere fattovalere solo in via giudiziale. Nei casi di possibiliazioni esperibili dalla società contro terzi in prossi-mità della liquidazione, ci si trova dinanzi alle se-guenti alternative:1) aspettare con la liquidazione e avviare il processocivile (cercando di far valere il credito e mantenen-do in vita la società per tutto il tempo necessario);2) avviare la liquidazione e avviare anche il proces-so (ponendosi poi la domanda di quale sia il destinodel processo se non ancora terminato una volta can-cellata la società);3) avviare la liquidazione della società senza avviare il processo civile (l’azione in giudizio verrà poi even-tualmente esercitata, dopo la liquidazione, dai soci).Come è noto, il processo civile può però durare an-ni. Mantenere in vita una società, a fronte di un cre-dito potenziale e al solo fine di realizzarlo, può risul-tare sproporzionatamente costoso. Per questo moti-vo può essere sensato- dal punto di vista economico- procedere alla liquidazione immediata della socie-tà, nonostante il potenziale credito.

L’estinzione della società nonostantel’esistenza di passività

L’art. 2495,comma 2,c.c. prevede che «ferma re-stando l’estinzione della società, dopo la cancella-zione i creditori sociali non soddisfatti possono farvalere i loro crediti nei confronti dei soci, fino allaconcorrenza delle somme da questi riscosse in baseal bilancio finale di liquidazione, e nei confronti deiliquidatori, se il mancato pagamento è dipeso dacolpa di questi». L’art. 2495,comma 2,c.c. sanciscedunque, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’estin-zione della società: l’effetto risultante dalla cancella-zione della società dal registro delle imprese è la suaestinzione. Anche nel caso in cui vi siano creditorisociali insoddisfatti, la società viene meno e i rap-porti residui dovranno essere regolati direttamentefra i creditori e i soci.La previsione espressa dell’estinzione della societàconfigura una novità rispetto al periodo precedentela riforma del diritto societarioentrata in vigore nel2004. Prima, difatti, non vi era nel testo della leggel’inciso che afferma l’estinzione della società a segui-to della cancellazione dal registro delle imprese.Con la conseguenza che, sulla base della giurispru-denza di legittimità precedente alla riforma, l’attoformale di cancellazione di una società dal registrodelle imprese aveva funzione di pubblicità, e non nedeterminava l’estinzione, ove non fossero esaurititutti i rapporti giuridici facenti capo alla società me-desima e, fino a tale momento, permaneva la legitti-mazione processuale attiva e passiva in capo alla so-cietà. Il legislatore del 2003 ha ritenuto questa si-tuazione insoddisfacente, soprattutto in considera-zione del fatto che non assicurava un buon livello dicertezza del diritto e vi ha posto riparo statuendol’irreversibilità della cancellazione. Alla luce del di-ritto vigente si verifica dunque l’estinzione della so-cietà, la quale ha effetti anche processuali, nel sensoche non sono più legittime azioni intentate dalla so-cietà (o verso la società) dopo la sua cancellazionedal registro delle imprese. Se un creditore avviaun’azione contro la società cancellata, la domandadeve essere rigettata per mancanza di legittimazionepassiva. In considerazione del tenore letterale del-l’art. 2495, comma 2, c.c. si deve ritenere che nonsussistano mai i presupposti per riaprire il procedi-mento di liquidazione nell’ipotesi di passività nonsoddisfatte: i creditori sociali non possono più pren-dersela con la società, ma devono vedersela con gli ex -soci.Con il procedimento di liquidazione della società, ilpatrimonio di questa viene suddiviso fra i soci e di-venta di titolarità  pro quota di essi. Dal punto di vi-sta dei creditori sociali si tratta di un accadimentopericoloso: il patrimonio sociale che è ripartito insede di liquidazione “sparisce” per entrare a far partedel patrimonio personale dei soci. Entrambi questipatrimoni (ormai confusi e ridotti a unità) sonoesposti alle azioni dei creditori personali dell’ ex -so-cio. Ne consegue che i creditori sociali rimasti in-soddisfatti all’esito della liquidazione che non agi-scono prontamente nei confronti dei soci rischianodi rimanere definitivamente insoddisfatti(10).Il problema delle passività residue in capo alla socie-tà ha una certa rilevanza pratica in considerazionedel fatto che alcuni creditori tendono a essere piut-tosto lenti nel recupero dei loro crediti. Mentre icreditori privati sono generalmente veloci nel rea-lizzare le proprie pretese, lo stesso non può dirsi deicreditori “pubblici”, in particolare per il fisco (e pergli enti previdenziali)(11). In ogni caso può capita-re che, diversi mesi (talvolta anni) dopo la cancella-zione della società dal registro delle imprese, terziavanzino pretese. Il tenore letterale della legge è pe-rò chiaro e, una volta cancellata la società dal regi-stro delle imprese, essa è estinta. Non può più esseresostenuta la tesi che eventuali passività comportanola riapertura del procedimento di liquidazione.

La responsabilità dei soci verso i creditorisociali

L’art. 2495, comma 2, c.c., dopo avere escluso la (or-mai non più esistente) società dal novero dei sogget-ti sui quali i creditori sociali possono rifarsi dopo cheè avvenuta la cancellazione della medesima dal regi-stro delle imprese, individua due categorie verso cui essi vantano azione civile per il recupero dei lorocrediti: i soci e i liquidatori. Iniziamo a occuparci deisoci.La ratio della disposizione che consente ai creditoridi agire contro i soci è la tutela dei medesimi credi-tori: il legislatore vuole evitare che la cancellazionedella società dal registro delle imprese diventi unostrumento per eludere il pagamento dei debiti che lasocietà ha nei confronti dei terzi. Avvenuta l’estin-zione, manca il soggetto titolare del rapporto giuri-dico e la domanda dei creditori verrebbe rigettataper mancanza di legittimazione passiva. Per evitareun esito del genere, il legislatore prevede che i socirispondano dei debiti della società al posto di que-sta.L’art. 2495,comma 2,c.c. si riferisce ai “soci” dellasocietà estinta. Dal punto di vista terminologico sa-rebbe peraltro più corretto parlare di “ex ” - soci, dalmomento che- con la cancellazione dal registro del-le imprese- viene meno la società (e, con essa, i suoisoci).La disposizione pone peraltro un limite quantitativoalle richieste che i creditori sociali possono avanza-re nei confronti dei soci: i creditori possono preten-dere solo le somme riscosse dai soci in base al bilan-cio finale di liquidazione. L’art. 2495, comma 2, c.c.va letto unitamente al principio-cardine dell’interodiritto della s.p.a. e della s.r.l., consistente nella li-mitazione della responsabilità dei soci: nella societàper azioni per le obbligazioni sociali risponde soltan-to la società con il suo patrimonio (art. 2325, com-ma 1, c.c.); similmente nella società a responsabilitàlimitata per le obbligazioni sociali risponde soltantola società con il suo patrimonio (art. 2462, comma1, c.c.). Se i soci rispondono solo con il patrimoniodella società durante societate , non si capisce per qua-le ragione essi dovrebbero rispondere in misura mag-giore dopo la sua estinzione. Le somme ripartite fra isoci altro non sono che il patrimonio residuo dellasocietà, quello in relazione al quale si era originaria-mente limitata la responsabilità verso terzi.Vi è poi il problema dei conferimenti promessi manon integralmente eseguiti durante societate. Limi-tandoci, per comodità espositiva, alla s.p.a., si deverilevare che in questo tipo societario si prevede chealla sottoscrizione dell’atto costitutivo debba essereversato presso una banca almeno il venticinque percento dei conferimenti in danaro (art. 2342, comma2, c.c.). Può pertanto capitare che la società arrivialla liquidazione con conferimenti effettuati soloparzialmente dai soci. La questione è affrontataespressamente dal legislatore, laddove si prevedeche- se i fondi disponibili risultano insufficienti peril pagamento dei debiti sociali- i liquidatori possonochiedere proporzionalmente ai soci i versamenti an-cora dovuti (art. 2491, comma 1, c.c.). Questa di-sposizione si occupa però della fase di liquidazione;diverso è il caso in cui si sia già proceduto alla liqui-dazione e che solo dopo l’estinzione della societàvengano fatti valere crediti di terzi. Avvenutal’estinzione, il tenore letterale dell’art. 2495, comma2, c.c. pare impedire ai creditori sociali di pretende-re che i soci effettuino i conferimenti che avevanopromesso (ma non effettuato): la disposizione limitadifatti espressamente la responsabilità dei soci allesomme da questi riscosse. A ciò si aggiunga che l’ob-bligo di effettuare i conferimenti sussiste nei con-fronti della società (e non dei creditori sociali) e lasocietà si è estinta con la cancellazione(12).Mentre non possono essere chiesti dai creditori so-ciali- dopo l’estinzione della società- i conferimen-ti che non furono eseguiti dai soci durante la vitadella società, si deve ritenere che i soci rispondanocon gli acconti di liquidazione che dovessero averepercepito durante il procedimento di liquidazione(13). Bisogna partire dalla considerazione che il le-gislatore- a certe condizioni- permette il pagamen-to di acconti di liquidazione ai soci, anche se tali pa-gamenti anticipati non possono andare a detrimen-to dei creditori. Più precisamente sul punto la leggeprevede che i liquidatori non possono ripartire tra isoci acconti sul risultato della liquidazione, salvoche dai bilanci risulti che la ripartizione non incidesulla disponibilità di somme idonee alla integrale etempestiva soddisfazione dei creditori sociali; i liqui-datori possono condizionare la ripartizione alla pre-stazione da parte del socio di idonee garanzie (art.2491, comma 2, c.c.). Al ricorrere di questi presup-posti, i liquidatori possono pagare acconti. Se dopola cancellazione della società rimangono creditorisociali da soddisfare, quanto percepito a titolo di ac-conto dai soci può essere preteso dai creditori. Gliacconti di liquidazione devono risultare dal bilanciofinale di liquidazione e, dunque, costituiscono som-me riscosse in base a tale bilancio, rientrando cosìnel dato letterale dell’art. 2495, comma 2, c.c. Nel caso (comune nella prassi) di una pluralità disoci, al creditore conviene- in linea di principio-agire in giudizio nei confronti di tutti gli ex -soci, in quanto questa scelta offre il vantaggio di avere piùpatrimoni a disposizione per la soddisfazione del cre-dito. Citare in giudizio tutti i soci minimizza il peri-colo conseguente a possibili insolvenze di qualcunodi essi e riduce dunque il rischio di perdere parte delcredito. L’avvocato del creditore sociale, pertanto,normalmente suggerirà di citare in giudizio tutti gli ex-soci. Vi possono tuttavia essere motivi che indu-cono a citare in giudizio un solo socio (oppure alcu-ni soltanto dei numerosi soci). Ad esempio vi puòessere un socio che i creditori sanno essere partico-larmente capiente dal punto di vista finanziario,mentre gli altri sono finanziariamente deboli. Inol-tre vi possono essere ragioni di opportunità (a esem-pio in presenza di rapporti di amicizia) che spingonoil creditore sociale a evitare l’azione in giudizio neiconfronti di certi soci per concentrarsi su altri. Infi-ne si noti che i costi processuali sono maggiori in ca-so di pluralità di convenuti e ciò può indurre a “sele-zionare” i soci da citare.In relazione alla possibilità di citare in giudizio alcu-ni solo dei soci, vi è da comprendere se- dopol’estinzione della società- ciascun socio risponda pertutto il credito vantato dal creditore sociale insoddi-sfatto (cioè solidalmente con gli altri soci) oppuresolo per la quota di sua spettanza. Con riferimento aquesta problematica è prevalente l’opinione secon-do cui ciascun socio risponde per tutto il debito neiconfronti dei terzi. Questa interpretazione appareconvincente se si parte dal presupposto che i soci su-bentrano alla società ormai estinta: così come la so-cietà rispondeva con tutto il suo patrimonio, non sivedono ragioni per limitare la responsabilità del so-cio. Siffatta interpretazione è quella che soddisfa nelmodo migliore l’aspettativa dei terzi a una celere ecompleta soddisfazione dei loro crediti. Il socio cheha pagato l’intero ha azione di regresso nei confron-ti degli altri soci per le quote di loro spettanza.Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la disposi-zione tace, non indicando se i soci rispondano soloper dolo oppure anche per colpa oppure anche in as-senza di colpa. Sotto questo profilo si può notare unadifferenza rispetto al caso dei liquidatori, che- comevedremo meglio sotto- rispondono in caso di colpa(oltre che, ovviamente, nell’ipotesi di dolo). Si deveallora ritenere che la disposizione tuteli i creditorisociali, nei confronti dei soci, sia da comportamentidolosi sia da comportamenti colposi sia, addirittura,in caso di comportamenti privi di colpa. La respon-sabilità dei soci sussiste dunque per il mero fatto chenon siano stati soddisfatti i creditori, indipendente-mente dalla necessità di provare la loro colpa. La po-sizione dei liquidatori è invece avvantaggiata, inquanto il creditore che volesse citarli in giudizio do-vrebbe dimostrare quantomeno la loro colpa.La legge non si occupa in modo espresso nemmenodella prescrizione dei diritti dei terzi nei confrontidei soci. Sul punto bisogna distinguere fra decorren-za del termine di prescrizione e durata del medesi-mo.Per quanto riguarda la decorrenza del termine di pre-scrizione, decisiva è la data in cui la società vienecancellata dal registro delle imprese. Non può inve-ce attribuirsi rilevanza alla precedente data in cuiviene presentata la domanda di cancellazione dellasocietà.Per quanto riguarda invece la durata del termine diprescrizione della responsabilità dei soci nei con-fronti dei creditori sociali, la questione è più com-plessa. Si tratta di capire se si debba fare riferimentoa una delle ipotesi di prescrizione breve previste dalnostro ordinamento (artt. 2947 ss. c.c.) oppure sedebba trovare applicazione l’ordinario termine de-cennale di prescrizione ordinaria (art. 2946 c.c.). Sipotrebbe ipotizzare l’applicazione di uno dei duecommi dell’art. 2949 c.c., che indica in cinque annila prescrizione in materia di società. Avuto riguardoal comma 1 di tale disposizione, è peraltro difficileparlare di un “rapporto sociale” con riferimento allarelazione che intercorre fra i terzi e la società(14).Un poco più convincente appare la possibile appli-cazione analogica del comma 2 dell’art. 2949 c.c.che si occupa di azione di responsabilità dei credito-ri nei confronti degli amministratori. È vero che, nelcaso dell’art. 2495, comma 2, c.c. non viene eserci-tata alcuna azione nei confronti degli amministrato-ri (ma dei soci), tuttavia vi è uniformità soggettivafra i titolari delle azioni, nel senso che si tratta pursempre di azioni intentate da terzi. Questo elementopotrebbe essere sufficiente per consentire un’appli-cazione analogica dell’art. 2949, comma 2, c.c. allaresponsabilità dei soci dopo l’estinzione della socie-tà. Ancora più convincente appare tuttavia ritenereche l’azione esercitata dai terzi nei confronti dei so-ci non abbia nulla a che fare non solo con il rappor-to sociale, ma nemmeno con il rapporto fra i terzi egli amministratori. A ben vedere l’azione riconosciuta ai terzi nei confronti dei soci non è null’altroche l’azione riconosciuta a tali terzi nei confrontidella società: essendo tuttavia questa estintasi, taleazione va esercitata nei confronti dei suoi successo-ri. Se così è, l’azione ex art. 2495, comma 2, c.c. de-ve essere valutata, ai fini della prescrizione, comeun’ordinaria azione civile. Troverebbe insomma ap-plicazione il termine di prescrizione decennale pre-visto dall’art. 2946 c.c.

La responsabilità dei liquidatori verso i creditori sociali

L’art. 2495,comma 2,c.c. prevede un secondo po-tenziale convenutodell’azione dei creditori sociali:si tratta dei liquidatori, se il mancato pagamento èdipeso da loro colpa(15). Da un lato la funzione del-la disposizione è quella d’innalzare la tutela dei cre-ditori, aumentando il numero di soggetti chiamati arispondere. Da un altro lato, l’obiettivo della normaè quello di responsabilizzare i liquidatori, i quali de-vono svolgere diligentemente la loro attività, essen-do altrimenti esposti ad addebito di colpa e all’ob-bligo di risarcire il danno.Mentre i soci rispondono come successori della so-cietà estinta (nel senso che sono diventati, pro quo-ta, titolari del patrimonio che prima della cancella-zione era della società), i liquidatori rispondono a ti-tolo proprio per gli eventuali comportamenti scor-retti posti in essere durante la liquidazione. La re-sponsabilità dei liquidatori nei confronti dei credi-tori deve considerarsi di natura extracontrattuale:non sussiste difatti alcuna relazione contrattuale frai terzi e i liquidatori, che vengono semplicementechiamati a liquidare la società(16).Prima di occuparci in dettaglio dell’art. 2495, com-ma 2, c.c., è però opportuno evidenziare che la re-sponsabilità dei liquidatori ha diverse basi normati-ve. La disposizione generale è costituita dall’art.2489, comma 2, c.c., secondo cui i liquidatori ri-spondono per i danni derivanti dall’inosservanza deiloro doveri secondo le norme in materia di respon-sabilità degli amministratori. A tale norma si ag-giunge il disposto dell’art. 2491, comma 3, c.c. se-condo cui i liquidatori sono personalmente e soli-dalmente responsabili per i danni cagionati ai credi-tori sociali con la ripartizione fra i soci di acconti sulrisultato della liquidazione, quando non vi è stataintegrale e tempestiva soddisfazione dei creditori.Rispetto a tali disposizioni, l’art. 2495, comma 2,c.c. fonda un’ulteriore ipotesi di responsabilità pro-fessionale dei liquidatori. Questi hanno il compitodi gestire la liquidazione della società, assicurando ilsoddisfacimento dei creditori (nei limiti delle risor-se disponibili) e ripartendo il residuo fra i soci. Al fi-ne di comprendere questa disposizione speciale sullaresponsabilità dei liquidatori è bene prendere lemosse dalla norma che regola i loro poteri (art.2489,comma 1,c.c.), secondo cui i liquidatori han-no il potere di compiere tutti gli atti utili per la li-quidazione della società. Il fine dunque dell’azionedei liquidatori è la liquidazione della società. Nellosvolgere la loro attività i liquidatori sono tenuti al-l’osservanza di una precisa diligenza professionale: iliquidatori debbono adempiere i loro doveri con laprofessionalità e la diligenza richieste dalla naturadell’incarico (art. 2489, comma 2, c.c.).Laddove ta-li professionalità e diligenza non fossero osservate, iliquidatori possono essere chiamati a rispondere neiconfronti dei creditori sociali.Il creditore insoddisfatto che vuole agire nei con-fronti dei liquidatori deve pertanto identificare del-le inosservanze di doveri poste in essere dai liquida-tori(17). Tali violazioni si lasciano ricondurre es-senzialmente a due categorie: inadeguata massimiz-zazione dell’attivo societario oppure errata distribu-zione delle risorse sociali.

Sotto il primo profilo (mancata massimizzazione del-l’attivo societario) un caso tipico di possibile re-sponsabilità dei liquidatori può realizzarsi quando lavendita dei beni sociali avviene a un prezzo marca-tamente inferiore al valore di mercato. I liquidatorihanno il compito di liquidare la società, ma- nellosvolgere tale funzione- devono cercare di realizzareal meglio l’interesse dei creditori (nonché dei soci)che è quello di valorizzare al meglio i beni sociali. Sei beni sociali vengono venduti a prezzi eccessiva-mente bassi, i liquidatori possono non arrivare a rac-cogliere risorse sufficienti per la soddisfazione deicreditori(18). L’addebito potrà esserci solo quando la vendita avviene colpevolmente a un prezzo deci-samente inferiore a quello di mercato. In altre paro-le bisogna ricostruire il valore di mercato del bene,in un dato momento, e confrontarlo con il prezzoconcreto di realizzo. Laddove la divergenza sia signi-ficativa e non giustificata, potrebbe realizzarsi unafattispecie di responsabilità dei liquidatori.Una situazione simile, idonea a fondare la responsa-bilità dei liquidatori, si realizza quando questi omet-tono di attivarsi seriamente per recuperare creditidella società facilmente recuperabili, così finendoper ridurre l’attivo sociale distribuibile ai creditori.L’attivo della società è rappresentato, oltre che daibeni che si possono monetizzare mediante vendita,anche dai crediti che si possono monetizzare me-diante incasso.

Sotto il secondo profilo (errata distribuzione delle ri-sorse sociali), i liquidatori possono essere ritenuti re-sponsabili quando hanno trascurato crediti di terziche erano invece facilmente riconoscibili: si pensi alcaso di un credito debitamente comunicato dal ter-zo alla società, ma di cui i liquidatori- per colpa-non tengono conto. Si tratta dell’ipotesi in cui il bi-lancio finale di liquidazione non registra un credito,con l’effetto che le risorse disponibili vengono di-stribuite agli altri creditori a danno del creditoreescluso. Rispetto al caso esaminato sopra non man-cano in sé le risorse per soddisfare i creditori sociali(l’attivo è sufficiente), ma tali mezzi vengono mala-mente ripartiti, pretermettendo alcuni dei creditori.Un’ipotesi simile (di errata distribuzione delle risor-se sociali) si ha quando sono stati pagati ai soci anti-cipi sui risultati della liquidazione in misura talmen-te eccessiva da produrre l’effetto che non rimangonomezzi sufficienti per poter soddisfare i creditori so-ciali.Il liquidatore che paghi incautamente accontiin violazione dell’art. 2491, comma 2, c.c. si renderesponsabile nei confronti dei creditori, in quantoprivilegia i soci a danno dei creditori. La contesta-zione di avere agito con colpa sarà possibile, in par-ticolare, quando i liquidatori non hanno chiestoidonee garanzie ai soci. Bisogna peraltro rilevare chela base normativa per la responsabilità dei liquidato-ri per il caso di pagamento ai soci di acconti eccessi-vi è costituita (non tanto dall’art. 2495, comma 2,c.c., quanto piuttosto) dall’art. 2491, comma 3, c.c.che prevede la responsabilità personale e solidaleper i danni cagionati ai creditori sociali.Il liquidatore può infine rendersi responsabile (sem-pre per errata distribuzione delle risorse sociali)quando privilegia, anche solo colpevolmente, alcunicreditori a danno degli altri. I debiti della societàvengono pagati una volta che sono giunti a scaden-za Se però il liquidatore paga crediti non scaduti pri-ma di crediti scaduti, al di là dei possibili risvolti ditipo fallimentare e penale di un comportamento delgenere, è possibile affermare la sua responsabilità ci-vile nei confronti dei creditori che rimanessero in-soddisfatti.L’art. 2495, comma 2, c.c. si compone di un elemen-to oggettivo (mancato pagamento) e di un elemen-to soggettivo (colpa dei liquidatori). L’

elemento og-gettivo non richiede particolari approfondimenti: èsufficiente che i creditori sociali non ricevano quan-to loro spetta.Con riferimento all’ elemento soggettivo, la responsa-bilità dei liquidatori esige un addebito di colpa enon può essere fatta valere per il mero fatto che l’at-tivo societario non è sufficiente per coprire i debitidella società nei confronti di terzi. Laddove il com-portamento dei liquidatori sia stato corretto e rispet-toso di tutte le regole che devono essere osservatedurante la liquidazione, non potranno essere ritenu-ti responsabili nei confronti dei creditori sociali. Ilprincipio è stato ribadito dal Tribunale di Torre An-nunziata, il quale ha affermato che, qualora nel bi-lancio finale di liquidazione non vi sia una massa at-tiva sufficiente a soddisfare il credito, il liquidatore èresponsabile ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c.nei confronti del creditore sociale insoddisfatto sol-tanto se questi deduca e dimostri una condotta col-posa (o dolosa) del liquidatore e il nesso di causalitàfra questa condotta e il mancato pagamento(19). Siha colpa dei liquidatori tutte le volte che un lorocomportamento non professionale e/o non diligenteha determinato il danno subito dai creditori sociali.Anche se l’art. 2495, comma 2, c.c. non vi fa espres-so riferimento, si deve ritenere che la disposizionecomprenda anche l’ipotesi di dolo dei liquidatori. Seil legislatore prevede che un certo soggetto risponde per colpa, evidentemente non può che rispondereanche nel caso- più grave- di dolo. Il senso della di-sposizione in esame è allora quello di affermare che iliquidatori non risponderanno invece quando ilmancato pagamento non sia a essi imputabile né atitolo di colpa né a titolo di dolo. Si può pensare al-l’ipotesi di un credito che terzi fanno valere con ri-tardo e di cui non vi era traccia alcuna nella conta-bilità della società. I liquidatori, ignorando senzacolpa tale credito, hanno proceduto alla liquidazio-ne e non può essere mossa loro alcuna contestazioneper aver omesso d’inserire nel bilancio finale di li-quidazione un credito di cui non erano a conoscen-za.Con riguardo alla prescrizione delle azioni dei credi-tori sociali nei confronti dei liquidatori, valgono os-servazioni simili a quelle svolte sopra in riferimentoalle possibili azioni nei confronti dei soci. Premessoche il termine decorre dalla cancellazione della so-cietà dal registro delle imprese, si tratta d’individua-re la durata di tale termine. Il ricorso all’art. 2949,comma 1, c.c. non pare pertinente, dal momentoche il rapporto fra i terzi e i liquidatori non può es-sere qualificato come “rapporto sociale”. Sembratuttavia più facilmente invocabile, rispetto al casosopra visto dei soci, la possibile applicazione analo-gica dell’art. 2949, comma 2, c.c.: sotto un primoprofilo si tratta pur sempre di un’azione esercitata daterzi; inoltre la posizione dei liquidatori può proba-bilmente essere assimilata, per questo aspetto, aquella degli amministratori (cfr. il testo dell’art.2489, comma 2, c.c. che li assimila agli amministra-tori).Si noti infine che l’azione nei confronti dei soci equella nei confronti dei liquidatori devono ritenersicumulabili. È generalmente nell’interesse dei credi-tori sociali esercitare entrambe, se ne ricorrono ipresupposti, in quanto- così facendo- aumentano ilnumero dei patrimoni disponibili per ottenere sod-disfazione. Ogni azione, peraltro, presenta distintipresupposti e quella nei confronti dei liquidatoripuò in particolare, come già evidenziato, essereesperita con successo solo in caso di loro colpa.

Cenni ai profili processuali

Infine è utile accennare al fatto che l’estinzione del-la società ha delicati risvolti di natura processuale. Nel testo della legge si rinviene una disposizione chesi occupa di un profilo processuale: «la domanda, seproposta entro un anno dalla cancellazione, può es-sere notificata presso l’ultima sede della società»(art. 2495, comma 2, frase 2, c.c.). Questa norma valetta unitamente al comma 2, frase 1, che attribuisceai creditori sociali il diritto di far valere i loro credi-ti anche dopo l’estinzione della società: i creditoridovranno indirizzarsi contro i soci e/o i liquidatori(non potendo più agire contro la società, ormaiestinta).La disposizione speciale sulla notifica serve, nelle in-tenzioni del legislatore, a favorire i creditori sociali,i quali- una volta estintasi la società e vantando uncredito nei confronti dei soci- potrebbero essere indifficoltà nell’individuarli tutti e, soprattutto, la re-sidenza, dimora o domicilio di ciascuno di essi.Quando vi è un numero elevato di soci (evento pe-raltro raro nella s.r.l.), la notificazione nei confrontidi tante persone può risultare complessa. Per sempli-ficare la posizione dei creditori sociali il legislatoreprevede la possibilità di notificare in un unico posto,presso l’ultima sede della società.La disposizione solleva però alcuni problemi. Anzi-tutto la norma non brilla per coerenza, atteso che ilcomma 2, frase 1, dell’art. 2495 c.c. dichiara che lacancellazione della società dal registro delle impresedetermina l’estinzione della società e ciò imporreb-be- a voler essere conseguenti- che non si facessepiù luogo a notificazione presso la ex -sede della so-cietà. A ciò si aggiunga che la sede della società po-trebbe ormai essere dismessa, con la conseguenzache le notificazioni non raggiungerebbero i destina-tari. Sotto questo profilo è dubbio che la notificazio-ne presso la ex -sede della società valga sempre a in-formare realmente tutti gli ex -soci. Alcuni soci po-trebbero essere stati poco attivi durante societate; amaggior ragione non saranno presenti presso la sededopo l’estinzione della medesima. Si pone pertantoil problema di chi debba essere il consegnatario del-l’atto (non ci sono più né amministratori né liquida-tori) e di come questi faccia ad avvertire gli ex -socidell’avvenuta notificazione. Al fine di facilitare i so-ci, la soluzione più pratica sarebbe forse stata quelladi prevedere la notificazione in via collettiva e im-personale presso l’ultimo liquidatore della società:questi, senza riaprire il procedimento di liquidazio-ne, avrebbe poi potuto contattare gli ex -soci.L’art. 2495, comma 2, frase 2, c.c. impone di distin-guere in relazione al momento in cui avviene la no-tificazione: per il periodo di un anno dalla cancella-zione dal registro delle imprese può avvenire pressol’ultima sede della società; decorso tale periodo ci sideve invece necessariamente rivolgere agli ex -soci.Comunque anche nel primo periodo di un anno lanotificazione presso l’ultima sede della società risul-ta facoltativa («può», recita la legge). I creditori so-ciali possono dunque procedere a notificare secondo le disposizioni generali: è consentita la notificazionein mani proprie (art. 138 c.p.c.) oppure presso la re-sidenza, dimora o domicilio dei singoli soci (art. 139c.p.c.). Entrambe queste modalità di notificazione sipresentano peraltro maggiormente problematicherispetto alla notificazione presso la sede della socie-tà, in quanto si deve individuare la residenza, dimo-ra o domicilio di ciascun socio.L’art. 2495, comma 2, frase 2, c.c. è simile, ma nonidentico, all’art. 303 c.p.c. Questa disposizione gene-rale disciplina la notifica in caso di morte, che puòessere fatta “collettivamente e impersonalmente”agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto. Nel ca-so dei creditori sociali, in occasione dell’estinzionedella società, questo beneficio non è indicato espres-samente dalla legge e la notifica deve pertanto esserefatta ai singoli soci. In altre parole il legislatore sem-plifica la “località” della notifica (riducendola a ununico luogo: l’ultima sede della società), ma non ri-duce i destinatari della notificazione, che rimangonotutti i soci. Il numero dei soci dipende ovviamentedalle particolarità del singolo caso, ma talvolta (piùfacilmente nella s.p.a. che nella s.r.l.) ci si trova difronte a compagini sociali numerose, circostanza cherende più complessa la gestione del recupero dei cre-diti vantati dai terzi: a un unico debitore (la società)se ne sostituisce una molteplicità (tutti gli ex -socidella società). La diversità di trattamento trova peròla sua giustificazione nella diversità di situazioni: nelcaso dell’art. 303 c.p.c. si tratta di continuare un pro-cesso già iniziato, mentre nell’ipotesi dell’art. 2495c.c. d’iniziarne uno nuovo(20). Per questa secondafattispecie il legislatore preferisce che la notificazio-ne venga fatta non collettivamente e impersonal-mente, ma ai singoli soci. Nel caso degli eredi è pro-babile che essi fossero a conoscenza dell’azione civi-le, nell’ipotesi invece dei soci che vengono chiamatiin giudizio al posto della società estinta essi sono al-l’oscuro di un’azione che viene intentata ex novo di-rettamente nei loro confronti.La capacità processuale attiva della società viene me-no con la sua cancellazione dal registro delle impre-se ed essa non può più intentare processi: il liquida-tore (ormai ex -liquidatore) non può più agire in giu-dizio per la società. Un discorso analogo vale per la capacità processuale passiva , che ormai non sussistepiù in capo alla società: la cancellazione dal registrodelle imprese determina la definitiva estinzione del-l’ente, con la conseguenza che i creditori sociali nonsoddisfatti che si attivano per far valere le loro pre-tese non sono più legittimati a chiamare in causa lasocietà, ma possono agire direttamente ed esclusiva-mente nei confronti dei soci e del liquidatore.Problemi particolari si pongono nel caso di giudizipendenti. Potrebbe cioè succedere che la società ab-bia in corso un processo civile e, nelle more dellostesso, la società venga cancellata dal registro delleimprese. Con la sua estinzione il processo deve esse-re proseguito da qualcun altro. A livello giurispru-denziale la Corte di appello di Milano ha affermatoche la società che si cancella in corso di giudizio siestingue con conseguente carenza di legittimazionedel liquidatore a far valere, dopo suddetta cancella-zione, crediti di pertinenza della società(21). Il Tri-bunale di Roma ha deciso che, per effetto della can-cellazione della società dal registro delle imprese, lasocietà si estingue e i soci subentrano nei rapportiattivi e passivi, con la conseguente possibilità per ilsocio di agire esecutivamente sul patrimonio dei de-bitori della società estinta sulla base del titolo esecu-tivo precedentemente ottenuto dalla società(22).Dunque l’estinzione della società determina,oltreche una successione di tipo sostanziale da società asoci,anche una successione di tipo processuale. Tro-va applicazione l’art. 110 c.p.c. (successione a titolouniversale), secondo cui- quando la parte viene me-no per morte o per altra causa- il processo è prose-guito dal successore universale o in suo confronto.L’estinzione della società configura una “altra causa”e può essere equiparata a una successione a titolouniversale (alla società subentrano i soci). In alter-nativa si può pensare che i soci rappresentino deisuccessori a titolo particolare della società, con ap-plicazione dell’art. 111, comma 2, c.p.c.: se il trasfe-rimento a titolo particolare avviene a causa di mor-te, il processo è proseguito dal successore universaleo in suo confronto(23).

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